Mental coach Tavoletti a FV, Viola, ora hai tre avversari

 

L’Italia del pallone vive forse il suo più grande momento di incertezza. Ripartire, sì, ma quando? E con quali regole? In ritiro fino a fine stagione oppure ognuno a casa sua? Domande che rischiano di minare le poche certezze dei calciatori e dei tecnici che da qualche giorno hanno già ripreso a lavorare senza sapere se davvero potranno tornare davvero in campo. Per analizzare quella che è la tenuta psicologica dei professionisti nel mondo del calcio, Firenzeviola.it ha chiesto un parere a Stefano Tavoletti, mental coach affermato per calciatori professionisti e consulente di allenatori, nonché scrittore sul tema “Coaching e allenamento mentale del calciatore” che ha alle spalle  esperienze lavorative con Cristiano Piccini, Lorenzo Venuti, Mattia Caldara, Filippo Falco, Walter Zenga e in club come Trapani, Livorno e Catania.

Tavoletti, cosa passa nella testa di un giocatore in un momento di totale incertezza come questo? 
“Un turbinio di emozioni di ogni genere, positive e negative, come la paura del virus o il timore di non essere più capaci di giocare come sapevano. Ma è comprensibile dopo una quarantena emotivamente sfibrante. Ecco perché in questo periodo è importante più che mai allenare la mente, in modo da avere una mentalità solida che ti faccia affrontare al meglio queste interferenze, esterne ma soprattutto interiori, le più temibili. I giocatori che assisto hanno seguito un protocollo di lavoro proprio per “programmarsi” a questo inusuale rientro in campo. Il giocatore si troverà davanti ben tre avversari: uno materiale (la squadra antagonista) e altri due invisibili, ma non con questo meno temibili (il Covid e i propri pensieri). Per fronteggiarli al meglio servirà avere una mente allenata, senza la possibilità di improvvisare. Il giocatore dovrà essere pronto a tutto, anche al rischio che possa essere bloccato ancora una volta il campionato”.

Resta ancora in ballo l’ipotesi che le squadre debbano convivere in ritiro: è una strada percorribile?
“Vedremo se alla fine i giocatori saranno chiamati a vivere insieme in vista della ripresa del campionato. A parer mio questo potrebbe essere un aspetto importante perché in quel modo si darebbero sostegno l’uno con l’altro, dopo che per due mesi abbondanti non hanno avuto la possibilità di viversi materialmente. Con i calciatori che assito abbiamo lavorato molto su questi aspetti, in particolare con Lorenzo Venuti e Giuseppe Pezzella del Parma: loro adesso sono pronti per giocare e soprattutto a cogliere le opportunità, come giocare con più frequenza”.

Visto che parliamo di Fiorentina, cosa può dirci di Venuti? 
“Lorenzo è un serio professionista, disciplinato, che da anni lavora anche sulla sua preparazione mentale. Dovrà essere bravo, come tutti, a lavorare mentalmente su alcune situazioni disagevoli come ad esempio la strana sensazione di dover giocare senza pubblico sugli spalti. Non le nascondo che in carriera mi è capitato di incontrare giocatori che avevano difficoltà a giocare senza tifo. Ecco perché in questi frangenti sarà importante più che mai crearsi stimoli e motivazioni intrinseche, autosuggestionarsi positivamente giocando la partita nella propria testa prima ancora di farlo nella realtà, dove si troverà uno scenario surreale e tutt’altro che stimolante. Sarà poi importante gestire la famosa vocina interiore, in gergo il “self-talk”, che farà di tutto per sabotare il calciatore inondandolo di pensieri negativi e magari poco rassicuranti”.

La possibilità di contagi tra compagni di squadra può a suo avviso scalfire la fiducia nello spogliatoio?
“Un giocatore deve lavorare sulla prospettiva che dovrà convivere con un momento così particolare, non può fare altrimenti. Ai ragazzi con cui lavoro dico sempre che in campo può succedere qualsiasi cosa e loro devono essere sempre pronti ad affrontare qualsiasi situazione possa verificarsi. Non possono fare altrimenti, gli eventi esterni non dipendono da loro, possono però lavorare sulle loro reazioni di fronte a ciò che si verificherà all’esterno. È normale che un po’ di diffidenza all’inizio ci possa essere tra compagni. Ma la volontà di raggiungere qualcosa di importante, dovrà essere più forte della paura del contagio: se vai in campo con paura e scenari catastrofici nella mente, il tuo rendimento inevitabilmente ne risentirà. I giocatori devono domandarsi cosa possano prendere di buono in una fase così particolare. E per far questo dovranno puntare molto sulle motivazioni intrinseche. Ci saranno giocatori che, privi di tecniche e strumenti per fronteggiare la situazione a livello mentale, incontreranno difficoltà e altri che sapranno cogliere le opportunità e si faranno trovare pronti”.

Come sta vivendo questo momento un tecnico come Iachini, che oltretutto si gioca anche la conferma a Firenze?
“Sono del parere che l’allenamento mentale dovrebbe farlo qualsiasi tecnico. L’allenatore deve saper gestire il suo stato d’animo, quello dei giocatori, dei collaboratori, per cui la pressione emotiva che avrà Iachini sarà il triplo più forte, oltretutto dovrà anche portare a casa risultati. Sono sicuro che una persona abituata a lottare come Iachini che avrà l’esperienza e la forza per affrontare anche questa situazione. Credo che  in queste situazioni un allenatore debba essere meno autoritario e più autorevole, più ispiratore, come diceva il grande Phil Jackson. Il tecnico viola ora più che mai dovrà essere un esempio di coraggio e sicurezza verso i suoi giocatori. L’obiettivo di fare qualcosa di unico, di magnifico, nonostante le avversità, dovrà essere alla base delle motivazioni della Fiorentina per il suo finale di stagione. Così facendo il tecnico non sarà condizionato dal pensare troppo alla sua panchina”.

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